10 cose buone che abbiamo imparato nell’ultimo anno
Si sono dette tante cose a proposito della pandemia. Per introdurre questa lista delle 10 cose buone che abbiamo imparato nell’ultimo anno, ci piace citare John Persin. Per quanto, infatti, sia stata una catastrofe, in termini sociali, economici e sanitari, in particolare per quelle categorie di persone che nel nostro Paese erano già fragili, come giovani, donne e persone con background migratorio; la pandemia ha anche è stata un’occasione per sperimentare nuove modalità, tempi, modi, regole e spazi del lavoro. Le vere best practice che vogliamo citare in questo decalogo sono dunque quelle che rimettono al centro le persone: perché sono loro che sono riuscite a mantenere alta la produttività e la motivazione, nonostante tutto.
1) Ascolto attivo delle persone
Quantitativo o qualitativo, purché sia pianificato, costante e sia finalizzato ad azioni vere e concrete volte a migliorare il benessere delle persone. Molte sono state le aziende che hanno istituito survey interne periodiche per mantenere sempre sotto controllo la salute mentale, la motivazione e lo stato d’animo delle persone; altre, invece, hanno istituito dei veri e propri sportelli d’ascolto per accompagnare i e le dipendenti in questo momento di criticità.
2) Scegliere una leadership gentile
Nelle aziende più virtuose c’è stato un passaggio dal controllo all’ascolto, dalla leadership incalzante a una più femminile, empatica, gentile. Sappiamo che lo stile di leadership vincente è quello che scegliamo sulla base alla propria personalità, alle caratteristiche delle persone che compongono il team, ai loro punti di forza e di debolezza, agli obiettivi prefissati e alla fase della vita della nostra organizzazione. In un periodo critico come quello da cui veniamo, si è dimostrato ancora più fondamentale mettere le persone nelle condizioni di lavorare bene, nonostante tutto; dimostrando maggiore ascolto, flessibilità e gentilezza.
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3) La cultura dell’errore: sbagliare capita
Come tutte le volte che si affronta una situazione inedita, sbagliare capita. Se anche abbiamo fatto tanti errori nell’ultimo anno e mezzo, sono proprio le lezioni che ne abbiamo saputo trarre ad averci portato sino a qui. Promuovere una cultura aziendale accogliente, basata sull’ascolto, l’empatia e il feedback concreto e continuo è stata la best practice di quelle organizzazioni che hanno saputo affrontare meglio l’ignoto. E, dato che l’hanno fatto una volta, sapranno farlo, ancora meglio, in futuro.
4) La formazione è una risorsa da attivare
Nell’ultimo anno e mezzo le organizzazioni e le persone hanno iniziato a vedere la formazione come una risorsa da attivare a tutti i livelli aziendali. Peer to peer, coinvolgendo i e le dipendenti in veri e propri giochi di scambio competenze; oppure con tutor e trainer esperti per colmare in particolare lo digital skill gap. Le aziende che, come Speexx, si occupano di formazione, infatti, hanno riscontrato un aumento significativo dell’utilizzo delle proprie piattaforme. Che cosa hanno voluto imparare le persone? Tutto ciò che potesse aiutarle a risolvere problemi quotidiani.
5) Coinvolgimento e motivazione: come prima, più di prima
Lontano dagli uffici e da colleghi e colleghe, la sfida è stata quella di mantenere alti coinvolgimento e motivazione. Molte aziende si sono affidate alla tecnologia, introducendo momenti di relazione e scambio virtuali; altre invece, hanno creato vere e proprie piattaforme digitali, challenge ed eventi, che hanno consentito ai team di lavorare insieme come prima, meglio di prima.
6) Zoometiquette: anche i gatti sono i benvenuti
Gli strumenti digitali fanno ormai parte delle nostre vite. Insieme ai nostri team, abbiamo imparato a usare le cuffie e gli sfondi alternativi, non ci scambiamo più battute sui gatti che passeggiano sulle nostre tastiere e abbiamo persino a prenderci il diritto di non pretendere la telecamera sempre accesa, soprattutto se il nostro interlocutore o interlocutrice non ha a disposizione uno spazio privato in casa dove lavorare. Soprattutto, abbiamo capito meglio il valore del tempo, nostro e delle altre persone, e abbiamo deciso di dotarci di strumenti per il nostro lavoro in team che hanno facilitato la comprensione del fatto che quel meeting che poteva essere una email ora può anche essere una call o un messaggio vocale su whatsapp (soprattutto, ora che si possono ascoltare a velocità aumentata).
7) Team work leggero, anzi leggerissimo
Non solo abbiamo concordato linee guida per favorire le relazioni e il lavoro a distanza, appoggiandoci anche a strumenti digitali persino per la pausa caffè. Abbiamo imparato a usare la tecnologia per giocare insieme e così, anche, sperimentare nuovi modi di relazione con i nostri colleghi e colleghe che ci hanno consentito di trovare soluzioni alternative all’inedito che abbiamo vissuto.
8) Digital skill gap: è tutto OK boomer
Nonostante l’ilarità del web si sia scatenata contro i “boomer”, coloro che sono nati prima del 1985 e che oggi faticano a usare social e altri strumenti tecnologici al punto che abbiamo iniziato a parlare con preoccupazione del digital skill gap, questa generazione ha fatto passi avanti molto concreti grazie alle opportunità di formazione offerte dalle aziende. In particolare, le competenze digitali e comunicative sono state inserite nei piani di sviluppo e nei piani di valutazione delle performance, il che si è tradotto in un investimento importante che è riuscito ad accorciare il gap generazionale sull’utilizzo del digitale.
9) Comunicare con chiarezza, trasparenza e flessibilità
La necessità dell’ultimo anno e mezzo è stata quella di dare informazioni chiare, tempestive e precise su chi fa cosa, su chi è coinvolto in quali decisioni, su come agire da remoto, su cosa ci si aspetta da ciascuno e così via. La priorità in fatto di comunicazione interna è diventata gestire frequenza, tempestività e chiarezza delle informazioni, al fine di dare a ciascuna di loro le informazioni necessarie per lavorare bene e in serenità. Questo stato di cose ha fatto emergere il fatto che la collaborazione è una scelta e le organizzazioni che la scelgono escono dai periodi di crisi rinnovate in positivo.
10) Smartworking: andrà tutto bene
Sono poche le aziende e le organizzazioni che davvero hanno lavorato in smartworking. La maggior parte, infatti, si è limitata a far lavorare le proprie persone da remoto. Nonostante questo, abbiamo imparato che si può fare. Meglio? Sicuramente. Diversamente? In qualche caso anche preferibilmente. In ogni caso, ci ha ricordato il valore del tempo e della fiducia reciproca.