Anti fragilità: il coraggio di essere vulnerabili per superare la crisi e rinascere
“La verità è che cadere fa male, ma la bravura è avere coraggio e calarsi completamente nell’esperienza della rinascita”. Inizia così il libro di Brené Brown tradotto in italiano con il titolo La Forza della Fragilità. Il coraggio di sbagliare e rinascere più forti di prima, un libro che sembra scritto apposta per accompagnarci nel 2021 dopo l’anno appena trascorso. In realtà, la sociologa e ricercatrice statunitense l’ha scritto nel 2015 raccogliendo esperienze e storie di un campione di persone da lei selezionate per una ricerca su larga scala durata più di dodici anni. Dai suoi studi è emerso che per affrontare i periodi di incertezza, o le conseguenze di fatti traumatici che ci hanno messo a dura prova, la competenza che dobbiamo acquisire è quella della vulnerabilità: cioè, dell’accettazione e della presa in carico del fatto che stiamo affrontando qualcosa di doloroso e che va anche bene così. Non solo, ma che, forti della consapevolezza di essere fragili, sperimentando cioè la nostra vulnerabilità, possiamo concentrarci sull’andare avanti e sulla nostra rinascita.
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Per essere vulnerabili ci vuole coraggio
Durante i suoi studi, guardando i suoi soggetti Brown si chiedeva: cosa hanno in comune queste persone?
Dopo un’attenta osservazione si accorse che queste persone avevano, semplicemente, il coraggio di essere imperfette. Avevano la compassione di essere gentili con se stesse prima, e poi con il mondo. E, come conseguenza di questa autenticità, avevano la volontà di abbandonare l’idea e le aspettative su di sé, per essere davvero se stesse: accettavano cioè completamente la propria vulnerabilità.
Vulnerabilità, resilienza e anti fragilità: differenze e opportunità
Accettare di essere vulnerabili, secondo Brown, è accettare di dire “ok, sono un essere umano, ho dei punti di debolezza e, dunque, è possibile che io mi faccia male”. E lo stesso vale per le aziende, lo abbiamo imparato nell’ultimo anno. Accettare la vulnerabilità apre inoltre la strada a due tipi di atteggiamento coraggioso: la resilienza, cioè la capacità di adattarsi al cambiamento in maniera proattiva, e la anti fragilità, un concetto teorizzato dal filosofo e matematico Nassim Nicholas Taleb nel 2012, definibile come la capacità di utilizzare ciò che ci ha buttato a terra per rialzarci. Un po’ come l’aikido nella cultura orientale, per cui anche la persona più piccola può mettere al tappeto l’avversario più grosso facendo leva sulla forza dell’altro che, anziché diventare arma per la sua distruzione, diventa lo strumento per la sua rinascita.
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Le aziende antifragili
Detto in altri termini, essere consapevoli che prima o poi cadremo, che prima o poi dovremo affrontare un periodo di crisi, ci permette di preparare in anticipo il nostro modello organizzativo e le nostre procedure affinché siano capaci non solo di adattarsi al cambiamento, ma anche di anticiparlo e così di trarne in anticipo gli eventuali insegnamenti. Non è un caso che, sia Brown sia Taleb, vedono vulnerabilità e anti fragilità come importanti motori di innovazione, per persone e aziende.
Quest’ultimo, in particolare, descrive le aziende antifragili come imprese dotate di strutture produttive e organizzative flessibili, con un investimento continuo in formazione e nelle risorse umane, con leader etici che sono i primi a dare l’esempio circa apertura mentale, creatività, inclusione e vulnerabilità, alta capacità di personalizzare e distribuire prodotti e servizi.
Come esercitare l’antifragilità verso la rinascita
Andare verso l’anti fragilità può quindi essere visto come un percorso che le nostre organizzazioni potrebbero intraprendere per uscire dal periodo di incertezza e di difficoltà che stiamo vivendo. Per farlo, dice Brown, è anzitutto necessario promuovere una cultura della vulnerabilità, che normalizza il fallimento e insegna a vederlo come una delle tante cose che possono succedere, capace di portare le persone ad affrontare tentativi ed errori con coraggio, responsabilità e leggerezza. Essere abituati, e incoraggiati, a correre tanti piccoli rischi, mettendo in conto magari anche di commettere piccoli errori, con un atteggiamento di prevenzione, quindi con l’obiettivo di evitarne uno più grande, ci permette di essere pronti ad affrontare qualunque situazione di emergenza o disordine.
Per arrivarci è necessario intraprendere cambiamenti anzitutto nel mindset della nostra organizzazione. Come ogni buon ethical leader sa, se si parte a dare l’esempio, accompagnando il cambiamento dall’interno e in prima persona, è più probabile arrivare al successo. Allora, cosa possiamo fare per esercitare l’anti fragilità e accompagnare le nostre organizzazioni alla rinascita? Anzitutto, abbracciare la nostra vulnerabilità, diventare consapevoli di come e quanto questo periodo ci ha messo in difficoltà, accettare che questo sia accaduto e stia ancora accadendo e prevedere che potrebbe perdurare o accadere di nuovo.
Ma niente panico. Come dice Taleb: una corrente d’aria spegne una candela e, allo stesso tempo, far crepitare un fuoco. Cioè, non sono gli agenti esterni a decretare il nostro fallimento, ma il modo in cui siamo costruiti e il modo in cui scegliamo di reagire. Allora, osservare il contesto, comprendere le nostre necessità, o quelle del mercato, sviluppare nuove modalità di comunicazione, mettere in discussione tutti i “si è sempre fatto così” presenti nelle nostre procedure, allenarsi a gestire il proprio stress, preparare strategie per affrontare le prossime crisi, insieme e con creatività, appaiono come azioni necessarie perché la prossima crisi non ci colga impreparati, bensì consapevoli che potremo rialzarci più forti di prima