Sai qual è la differenza tra feedback, critica e giudizio?
I feedback servono. Per crescere, per diventare più consapevoli e, come ci ha insegnato Valentina Tosetti qualche settimana fa, anche per avere meno paura di sbagliare. Ma solo se vengono chiesti e dati nel modo giusto e le imprese italiane sono purtroppo un po’ indietro. Secondo i risultati della Hr Trends and Salary Survey 2020 condotta da Randstad, infatti, solo il 31% delle aziende coinvolte ha dichiarato di utilizzare il feedback come strumento di lavoro finalizzato al miglioramento continuativo delle performance individuali e dell’intera organizzazione. Dare e chiedere feedback nel modo giusto, affinché siano efficaci e costruttivi, inoltre, richiede la competenza e la lungimiranza di un piano vero e proprio, capace di coinvolgere l’azienda in tutte le sue componenti.
Cos’è un feedback?
Come molti termini cari al mondo HR, come ad esempio resilienza, antifragilità e flessibilità, anche il termine feedback viene dal mondo scientifico. In particolare, dalla cibernetica, cioè dalla scienza che studia l’interazione tra gli esseri umani e le macchine, in cui il feedback, o retroazione, è inteso come la capacità di un sistema di regolarsi e modificarsi in modo dinamico in base agli stimoli di ritorno che riceve. Questo significa, da un lato, che anche quando non pensiamo di stare ricevendo o comunicando dei feedback, di fatto lo stiamo facendo già per il solo fatto di aver aperto una relazione con un’altra persona; dall’altro, che abbiamo un potere, e una responsabilità, nel nostro esercitare questa retroazione: su noi stesse e sulle altre persone.
La differenza tra feedback, critica e giudizio
Dato che il verbo inglese to feed significa nutrire, possiamo affermare che un feedback è tale solo se porta nutrimento a chi lo riceve e al contesto in cui questa persona è inserita. Dunque, parrebbe insensato parlare di feedback costruttivi: se non porta infatti un miglioramento, un nutrimento, semplicemente non è un feedback. Semmai, è una critica o un giudizio. Vediamo le differenze. Il giudizio è espresso in maniera univoca da chi parla, in base alle proprie emozioni e sulle proprie convinzioni e non si aspetta nulla in cambio, è dato, è sentenziato e basta. La critica, invece, se da un lato condivide con il feedback la potenzialità di crescita (non a caso la radice greca delle parole è la stessa, kr, che si ritrova anche in crisi, e che ne richiama il potere generativo), dall’altro è un’espressione a cui manca l’interlocuzione con l’altra persona. Se poi, si fonda sul denigrare o colpire in modo negativo l’autostima di chi la riceve, la critica perde ogni valenza arricchente e finisce per diventare giudizio negativo, nel senso che non aggiunge nulla.
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Come deve essere un feedback per essere utile
Dunque, il feedback, per essere tale, deve essere richiesto o condiviso con l’obiettivo di portare un arricchimento all’altra persona o al contesto reciproco. Per questo, è ingenuo anche distinguere tra feedback positivo e feedback negativo: nel senso appena descritto, tutti i feedback sono positivi, perché aggiungono qualcosa. Per essere utile un feedback deve essere poi orientato a un obiettivo condiviso e deve essere il più possibile concreto, specifico, verificabile, programmato e inserito in un percorso. Un feedback così condiviso è una leva molto potente, perché aumenta la consapevolezza sugli effetti del proprio comportamento, su di sè e sull’ambiente circostante; rende più efficace la comunicazione interpersonale; e aumenta la consapevolezza di sé, del proprio talento, della propria responsabilità nel contribuire alla vita dell’organizzazione. Allo stesso tempo, si configura anche come un acceleratore di cambiamento e una leva motivazionale molto potente, che può fare la differenza in molti ambiti della vita professionale e privata.
Imparare a dare feedback consente alla persona che li riceve di progredire al meglio nel proprio percorso e di comprendere sempre meglio come portare il proprio contributo al successo dell’organizzazione. Concordare obiettivi e momenti di verifica, inoltre, accompagna le persone a relazionarsi nei confronti di eventuali errori o fallimenti non con paura, delusione o frustrazione – come accade, sempre secondo i dati raccolti da Ranstad, al 34% dei lavoratori e delle lavoratrici coinvolte nella survey per cui uno sbaglio sul posto di lavoro viene interpretato come un danno arrecato all’azienda e un motivo di richiamo – ma come un’esperienza inevitabile che accade a chi lavora e da cui si può imparare sempre molto.
Come dare feedback in modo costruttivo ed efficace
Abbiamo detto che, per essere utile, un feedback deve essere orientato a un obiettivo condiviso e deve essere il più possibile concreto, specifico, verificabile, programmato e inserito in un percorso. Questo è volto da un lato a mitigare le incomprensioni che possono accadere nella comunicazione interpersonale; dall’altro, a dare più strumenti possibili sia a chi riceve sia a chi condivide il feedback, affinché questo sia utile ed efficace.
Uno dei modelli più utilizzati è il modello Start, Stop, Continue, che suggerisce di dare feedback suddividendoli su ciò che la persona che abbiamo di fronte può iniziare a fare (Start), smettere di fare (Stop) e continuare a fare così come sta facendo (Continue). Qualcuno considera tale modello antiquato e preferisce invece un approccio, più caro al coaching, che è quello di focalizzarsi sempre sui comportamenti, più che sulla persona, partendo da ciò che già funziona e andando poi a individuare aree di miglioramento per cui insieme, HR e collaboratore o collaboratrice, arrivano a trovare una soluzione proattiva.
In generale, è consigliabile inserire il momento di condivisione del feedback all’interno di appuntamenti concordati, incoraggiando la persona a sentirsi responsabile dell’andamento dell’incontro stesso, per cui condividendo in anticipo gli indicatori, i contesti, gli obiettivi, oggetto dell’incontro.
Come chiedere feedback per il proprio percorso di carriera
L’arte del feedback non riguarda solo chi lo condivide, ma anche chi lo richiede. Come si chiede un buon feedback? Anzitutto, è bene individuare una persona di cui ci si fida, che sia sufficientemente esperta dell’attività o dell’oggetto della richiesta, che conosca il contesto in cui ci si muove e che conosca bene chi fa la domanda. In secondo luogo, è bene porre la domanda nel modo giusto, anche qui, per ottenere una risposta il più possibile specifica, concreta e verificabile. Infine, è sempre bene chiedere feedback a persone diverse, così da poter ricevere indicazioni utili a seconda del punto di vista e sensibilità di chi le condivide con noi.
Se non ci piace quello che ci viene detto, cosa che può succedere, evitiamo di aggredire o di cercare di convincere l’altra persona che si è sbagliata: sia quando si dà un feedback, sia quando lo si riceve, dobbiamo tenere presente che l’altra persona ha dedicato tempo, competenza ed energia a darci una risposta e, pertanto, dobbiamo riconoscere questo aspetto, ringraziandola per la sua disponibilità. Poi, in un secondo momento, dopo aver riflettuto su quando ci ha riportato, possiamo chiederle un secondo confronto e, magari, scopriremo di aver posto la domanda in modo approssimativo oppure, in ogni caso, scopriremo un lato di noi che non conosciamo. È importante non dimenticare, che in sede di feedback, tutto ciò che diciamo e che riceviamo è volto a migliorarci e a produrre un impatto positivo sul contesto che condividiamo. Il feedback è sempre un’azione collettiva, concertata e condivisa.