Il mese dell’orgoglio e dell’inclusività LGBTQ+ | Pride Month and LGBTQ+ inclusivity
Ormai il mese di giugno è riconosciuto come il mese dell’orgoglio LGBTQ+ proprio per l’elevato numero di manifestazioni, le pride parade, che si svolgono nelle più grandi città d’Europa e del mondo. Moltissime aziende hanno ormai sposato la causa e giugno è proprio il mese in cui loghi, post e altri contenuti social si tingono dei colori dell’arcobaleno.
C’è chi a riguardo solleva il cinico ma legittimo dubbio che sia tutto limitato a delle strategie di marketing, anche se bisogna ammettere che rispetto a qualche anno fa il tema dell’identità sessuale, della parità e dell’identità di genere siano molto più sentiti quindi ben vengano gli arcobaleni e ben venga che diversi brand riconosciuti a livello globale siano in prima linea per appoggiare una maggiore inclusività anche sui luoghi di lavoro.
Questo è importante perché i luoghi di lavoro, fisici o remoti che siano, dovrebbero essere in grado di accogliere e non di escludere. Spesso però è difficile districarsi nel linguaggio dell’inclusività, per questo riteniamo che sia importante chiarire alcuni dei termini e delle sigle che vengono comunemente utilizzati per riferirsi alla comunità LGBTQ+, per evitare incomprensioni e cercare di adottare un linguaggio veramente inclusivo.
Se lavori in ambito HR, ad esempio, puoi seguire una serie di linee guida che possono aiutarti a creare un ambiente inclusivo sul luogo di lavoro a partire dalla definizione di politiche antidiscriminatorie che siano chiare, complete, e condivise con l’intera organizzazione. Come iniziare? Beh, ad esempio fornendo ai dipendenti dei corsi di formazione sull’inclusività del linguaggio, coinvolgendo in primis managers e leaders per dare l’esempio. Un primo insegnamento potrà sicuramente essere quello di evitare di fare ipotesi sull’orientamento sessuale, il sesso, o il genere di altri colleghi cercando di utilizzare dei termini neutri, a meno di non conoscere i pronomi appartenenti alla persona a cui ci stiamo rivolgendo. Essere di esempio in questo senso aiuterà certamente la creazione di un ambiente più positivo e solidale nei confronti di tutti.
Entrando nel vivo dell’argomento, vediamo quali termini è appropriato utilizzare per rivolgerci agli altri in ottica di inclusività.
1) Partiamo con LGBTQ+: questo acronimo sta per “lesbian, gay, bisexual, transgender and queer” con il segno “+” ad indicare I diversi orientamenti sessuali e identità di genere utilizzati dai membri della comunità LGBTQ+.
2) Non-binary: sembra essere la parola del momento. Questo termine è un aggettivo che indica una persona che non si identifica esclusivamente né come uomo né come donna. Individui non-binary possono infatti identificarsi in entrambi i generi, o addirittura non sentirsi parte di nessun genere in particolare. Il termine non-binary può anche essere utilizzato come una sorta di ombrello sotto al quale si riparano identità come agender, bigender, genderqueer o gender-fluid.
3) Pansexual: questo termine descrive qualcuno che ha il potere di essere coinvolto da un’attrazione emozionale, romantica o sessuale con persone di qualsiasi genere ma non necessariamente allo stesso momento o allo stesso modo. Il termine pansexual è spesso intercambiato con il termine bisexual.
4) Queer: è un termine meno recente e in passato veniva utilizzato come insulto, anche se negli ultimi anni è stato reclamato a gran voce dalla comunità LGBTQ+ per esprimere uno spettro molto ampio di identità e orientamenti che fosse inclusivo di diverse rappresentanze, come coloro che non si identificano come straight e/o per identificare persone che hanno identità non-binary o gender-expansive.
5) Cisgender: è un termine che indica una persona la cui identità è allineata al sesso di nascita. Il termine cisgender prescinde dall’orientamento sessuale della persona.
6) Gender-fluid: una persona che non si identifica con un solo genere, ma ha per l’appunto un’identità fluida e non definita.
7) Transgender: è forse il termine meno compreso di tutti poiché anche questo è un ombrello per identificare persone che hanno un’identità di genere che è differente dalle aspettative culturali del sesso che viene attribuito alla nascita. Essere transgender, infatti, non implica nessun orientamento sessuale specifico; infatti, una persona transgender può identificarsi come straight, gay, lesbian, bisexual, e così via.
Al di là di questa terminologia specifica, se davvero vogliamo adottare un approccio e un linguaggio inclusivo dovremmo osservare una serie di accorgimenti:
– Non attribuire ad altri identità e generi che non gli appartengono: non facciamo ipotesi sulla base di nostre convinzioni personali.
– Smettere di parlare di scelte, ma accettare la naturalità delle identità e degli orientamenti sessuali delle persone.
– Essere rispettosi. Sempre. Con chiunque.
Happy Pride Month!