Come l’intelligenza artificiale cambia il settore L&D
I professionisti L&D possono utilizzare la tecnologia per aiutare i lavoratori a far fronte al ritmo repentino dell’evolversi del proprio lavoro. In questo modo è possibile consegnare materiali L&D agli studenti ovunque essi si trovino e ogni volta che abbiano bisogno di apprendere o beneficiare di un supporto.
Tuttavia, mentre l’intelligenza artificiale (Al) può aiutare il professionista L&D la tecnologia può anche ostacolare le iniziative e le strategie di apprendimento e sviluppo.
Catherine Mazy scrittrice, blogger ed ex redattore del Wall Street Journal, in un articolo per FT | IE Business School Corporate Learning Alliance spiega che i programmi d’ intelligenza artificiale possono tenere sotto controllo le prestazioni del team e ridurre il potenziale spreco di tempo. Ma seppur dal punto di vista del datore di lavoro, questo sembra avere alcuni vantaggi, potrebbe non essere motivante per i lavoratori. Inoltre, il passaggio alla gestione autonoma del team non è sempre facile, anche per quanto previsto del regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Unione Europea (GDPR).
Monitoraggio dell’intelligenza artificiale
Questo monitoraggio dell’intelligenza artificiale si basa sul tempo di visione dei contenuti e, come tale, solleva domande sulla definizione di “produttività”. Mazy aggiunge che, di fronte a questa maggiore sorveglianza, i lavoratori potrebbero iniziare a richiedere tempo per lavorare fino a tardi o nei fine settimana.
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Secondo Mazy, fino a poco tempo fa, i knowledge workers – in genere gli impiegati, – erano valutati per la qualità delle loro idee piuttosto che per la quantità di cose che producevano. Oggi, i programmi di intelligenza artificiale dichiarano di tenere d’occhio il modo in cui essi svolgono il loro lavoro e quando perdono tempo. Tutto ciò ha l’effetto di mettere le persone in concorrenza con le macchine.
Seppur sia giusto presumere che i datori di lavoro controllino quali siti web siano visitati dal loro personale nonché conservare i log delle email come possibili prove per eventuali future azioni disciplinari o controversie con i clienti e registrare o monitorare le chiamate telefoniche per scopi di garanzia della qualità, oggi i software moderni possono:
- Scattare foto ogni tre o dieci minuti tramite la webcam del desktop;
- Scattare screenshot delle postazioni di lavoro;
- Tracciare l’uso delle app;
- Registrare o contare le battute;
- Rilevare parole chiave come “calcio” o “shopping” o “curriculum”.
- Giudicare se i contenuti dell’e-mail siano pettegolezzi o di lavoro;
- Utilizzare app come calendario per tenere traccia delle ore fatturabili;
- Generare punteggi di produttività, di concentrazione o d’intensità per i dipendenti e
- Fornire una dashboard per confrontare i punteggi di produttività dei dipendenti e valutarne i livelli di coinvolgimento.
Questi programmi possono essere nascosti nei processi in esecuzione. Quindi, le persone potrebbero non sapere che i dati vengono raccolti. Sebbene il GDPR consenta a dipendenti e consumatori di avere accesso ai loro dati raccolti, ed esclusivamente dopo averne richiesto l’autorizzazione, tale richiesta potrebbe essere effettuata solo se gli stessi fossero a conoscenza che questi dati siano stati raccolti.
Produttività
Al contempo, Mazy scrive; le risorse che dovrebbero lavorare fino a tardi o nei fine settimana a casa non hanno la percezione di essere monitorati 24 ore su 24 dal loro smartphone aziendale. Esiste un accordo di “produttività” da raggiungere per consentire loro di guadagnare un po’ di tempo, in cambio del tempo trascorso lavorando a casa.
Ma l’intera questione della “produttività” è un potenziale campo minato. In genere, il monitoraggio elettronico raccoglie dati su quei componenti che sono facilmente monitorabili, ma non necessariamente su tutto quanto dovrebbe essere monitorato.
Questi dati possono rivelare cosa abbia fatto un dipendente ma non necessariamente perché o come. Ciò potrebbe dare adito a monitorare e incentivare comportamenti che risultano inefficaci e controproducenti. Questo monitoraggio ignora inoltre tutto il lavoro emotivo e preparatorio che contribuisce alla produttività, ma che non può essere monitorato o valutato.
Di conseguenza, la tecnologia odierna ha consentito di sollevare importanti domande sulla reale natura della produttività e delle prestazioni. Una cosa è certa, il solo utilizzo di algoritmi Al (intelligenza artificiale) per determinare le risposte è completamente sbagliato.
Il segreto del successo
Abdul Kalam, ex presidente dell’India (2002 – 2007), è ricordato per aver detto detto: “Qual è il segreto del successo? Prendere le decisioni giuste. Come prendi le decisioni giuste? Con l’esperienza. Come ottieni l’esperienza? Prendendo decisioni sbagliate”.
Queste parole servono come avvertimento ai dirigenti aziendali che prendono decisioni basate su algoritmi possibilmente errati. Proprio come se si permettesse a una persona, che ha letto tutto sugli interventi ma non ha mai eseguito un’operazione, di operare un membro della tua famiglia, o se ci si sentisse al sicuro affidandosi completamente a una macchina che guida da sola. L’uomo ha bisogno di acquisire esperienza nel processo decisionale e continuano ad esercitare quelle capacità decisionali nell’ “apprendimento per mezzo dell’esperienza”.
Inoltre, Mazy – sostiene che un processo decisionale efficace dipende dalla capacità di una persona di riconoscere immediatamente gli esempi e di non essere travolta da un’infinità di scelte.
L’intelligenza artificiale può surclassare le abilità degli uomini sulla scoperta di vari tumori in quanto alimentata da una quantità crescente di dati. I computer possono imparare ma solo gli umani possono sviluppare nuove idee sulla malattia conducendo ricerche. Pur non sostenendo che tutte le decisioni debbano essere prese dagli umani, rimuovere del tutto le persone da compiti relativamente ordinari o affidarsi completamente ad algoritmi di intelligenza artificiale può condurre ad una perdita di creatività, intuizione, innovazione che deriva dalla ricerca, “facendo cose” e prendendo decisioni.
Gli Algoritmi non sono perfetti
Il messaggio chiave è che gli algoritmi non sono perfetti.
Gli algoritmi infatti soltanto possono essere influenzati (intenzionalmente o non intenzionalmente), ma possono esserlo anche coloro che li programmano, in quanto i dati con cui lavorano possono contenere pregiudizi o caratteristiche nascoste. Inoltre, l’apprendimento automatico può creare un modello auto-rinforzante quando il costo di prendere una decisione sbagliata positiva è più alto del costo di una decisione negativa sbagliata.
Anche se i dati che alimentano un algoritmo possono essere privati dei tipici indicatori di polarizzazione, come la razza e il sesso, i fattori nascosti legati alla storia e alla società possono introdurre dei pregiudizi. Nella creazione di un algoritmo, i programmatori devono specificare ciò su cui non sono prevenuti e raccogliere dati su tali punti, ad esempio anche se i dati di monitoraggio vengono tenuti separati dai dati di assunzione.
È importante ricordare che sono necessarie molte decisioni empiriche per far sì che i computer prendano le decisioni al nostro posto.
È una decisione della società, non dei computer – anche quelli alimentati dall’intelligenza artificiale – quali fattori dovremmo prendere in considerazione quando si tratta di “dati”. Certo è, che se non tenessimo in considerazione nulla, prenderemmo soltanto decisioni casuali, ma ciò che dovremmo prendere in considerazione non è certamente una decisione presa da un computer.
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