Nudging e performance review
Come HR, una delle nostre funzioni è quella di accompagnare i nostri collaboratori e collaboratrici verso il raggiungimento degli obiettivi prefissati in linea con la strategia di crescita dell’organizzazione. Secondo uno studio pubblicato da Gartner lo scorso marzo, costruire un ambiente di lavoro più inclusivo significa aumentare le possibilità di successo, a livello individuale e collettivo; la chiave, emerge dallo studio, sarebbe introdurre nelle relazioni aziendali degli elementi capaci di superare le normali dinamiche e generare così anche inclusione. Uno tra questi, dicono i risultati di Gartner, è il nudging, parola inglese che afferisce alle scienze comportamentali e che si potrebbe tradurre in italiano come incoraggiamento.
Cos’è il nudging e perchè è importante conoscerlo
Nell’economia comportamentale, nudging è il concetto che viene utilizzato per esprimere il paternalismo libertario, una teoria che prevede l’esercizio di una riduzione di libertà al fine di prendere la decisione migliore. Come già suggerivano i suoi inventori, Richard H. Thaler, vincitore del Premio Nobel per l’economia nel 2017, e di R. Sunstein, nel 2008, il nudging può essere utilizzato nelle organizzazioni al fine di incoraggiare le persone a essere più produttive, attrarre talenti e aumentare il coinvolgimento e il senso di appartenenza all’organizzazione stessa.
Le scienze comportamentali ci dicono, infatti, che, come individui, siamo attratti dalle scelte che comportano meno rischi, che rafforzano le convinzioni che abbiamo sempre avuto e che sono le preferite dalla maggior parte delle persone. Allo stesso tempo, quando ci capita di sentirci forzati in una decisione, come reazione, ci sentiamo di andare nella direzione opposta. Ciò significa che prendere decisioni e assumere comportamenti nuovi è qualcosa di davvero molto coraggioso, che spesso richiede, appunto, un incoraggiamento.
Come funziona il nudging
Già nella prima teorizzazione del termine, Thaler e Sunstein, dimostrarono il funzionamento del nudging, paragonandolo alla “spinta gentile” della mamma elefante che con la proboscide accompagna il suo piccolo, con ferma dolcezza, a lasciare la tana per andare nel mondo. Uno degli esempi più noti di nudging, resta la trovata dell’amministrazione dello Schiphol Airport di Amsterdam che, già negli anni ‘90, per risparmiare ore di pulizia, dispose l’applicazione di un adesivo a forma di mosca sugli orinatoi: l’idea, che si rivelò corretta, fu che gli utilizzatori si sarebbero divertiti a prendere di mira la mosca, evitando di sporcare al di fuori dell’orinatoio.
Parlando degli ambienti di lavoro, invece, Thaler e Sunstein hanno individuato quattro tipologie di nudging attuabili nelle organizzazioni da coloro che si occupano di HR:
– Dare e avere: il nudging è un’ottima tecnica di team building. Al fine di aumentare la collaborazione e il senso di appartenenza, basterebbe infatti premiare i e le componenti del team quando mostrano comportamenti collaborativi, invece di chiedere loro di essere più collaborativi preventivamente;
– Impegno e coerenza: al fine di raggiungere gli obiettivi con successo, possiamo chiedere alle persone di condividerli con i colleghi. Aumentando la pressione sociale e il confronto reciproco, è infatti più probabile che ciascuno porterà a termine quanto prefissato;
– Lo fanno anche gli altri: al fine di convincere che la strada intrapresa è quella giusta, basterebbe dimostrare che altre organizzazioni, o persone, a cui riconosciamo valore e successo, hanno fatto lo stesso;
– Role model: ergere a modelli coloro che nell’organizzazione hanno i comportamenti più positivi circa ciò su cui abbiamo deciso di puntare, engagement, performance o formazione.
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Quindi come può aiutarti il nudging?
Il nudging è un processo che si basa fortemente sull’empatia, al punto che per metterlo davvero in pratica è quasi necessario entrare nella mente delle persone. Per far sì che questo tipo di incoraggiamento consenta di avvicinare maggiormente le persone agli obiettivi prefissati, sono necessari due elementi: anzitutto, chi ha il ruolo di HR deve trasformarsi in quello che Thaler e Sunstein chiamano “architetto delle decisioni”, cioè una persona, interna all’organizzazione, che sappia mantenere anche uno sguardo esterno e capire, durante la condivisione degli obiettivi, se chi ha davanti sta giocando al ribasso, magari anche inconsapevolmente, e dunque sta frenando lo sviluppo dell’organizzazione stessa.
Allo stesso modo, è necessario anche rivisitare il ruolo del manager, che diventa un supporter, dando feedback continui, semplici e flessibili, orientati a valutare le performance attuali in relazione a quelle condivise a livello individuale e, soprattutto, a livello globale. Seguendo quanto emerso dal HR Forum di novembre, per esempio, per utilizzare efficacemente il nudging, e così aumentare la possibilità di raggiungere gli obiettivi in maniera efficace, è necessario passare dal performance management al performance development, spostando l’attenzione dalla valutazione allo sviluppo delle capacità e competenze delle persone verso obiettivi condivisi. Come fare? Incoraggiandole a intraprendere percorsi di mentoring, per esempio, investendo su se stesse, premiandole e creando legami trasversali all’interno dell’organizzazione diffondendo così anche una cultura di collaborazione e apprendimento continuo.
3 errori da non fare quando si usa il nudging
Ci sono tre errori da non fare quando si sceglie di utilizzare il nudging nella propria strategia di performance development. Anzitutto, l’incoraggiamento deve essere sempre portato avanti in maniera trasparente e non per manipolare le persone verso obiettivi non condivisi preventivamente; deve infatti essere possibile, suggeriscono Thaler e Sunstein, interrompere il nudging in qualsiasi momento, se ci rendiamo conto che la persona sta intraprendendo una strada poco efficace o per lei deleteria; infine, l’incoraggiamento deve avere come finalità quella di aumentare il benessere dell’intera organizzazione, valorizzando le persona coinvolte a livello individuale. Il nudging, infatti, non ci allontana dal nostro ruolo di HR. Le persone sono così impegnate a lavorare e risolvere i loro problemi, che spesso hanno bisogno di una spinta gentile per raggiungere una maggiore felicità e una più efficace performance.