Quiet Quitting: la nuova tendenza che domina i social. Il lavoro non è la tua vita!
Nuovo mantra: “Il lavoro non è la tua vita”. Capita di trovare persone che si lamentano di lavorare troppo, oltre le proprie mansioni e fuori orario. E se per molto tempo la retorica può essere stata “non sai organizzare il tuo lavoro”, adesso la musica è cambiata. Potrebbe essere arrivato il momento di fare un po’ di “quiet quitting”.
Il quiet quitting è un fenomeno, diventato tendenza virale su TikTok, che incoraggia le persone a non lavorare al di fuori dei requisiti stabiliti nella loro descrizione di lavoro, abbandonando tutto ciò che è extra, come inviare e-mail a tarda notte o arrivare in ufficio prima del dovuto. Ma devono farlo tutti?
Che cos’è il “quiet quitting”
Nonostante il nome, questa nuova tendenza, che sta spopolando sui social, non ha nulla a che vedere con l’abbandono del lavoro, quanto con una cultura per cui fare quello che dice la descrizione del proprio lavoro è considerato sufficiente. Non è più necessario andare oltre, cercando di impressionare il capo. Niente più compiti aggiuntivi o controllo delle e-mail al di fuori dell’orario prestabilito.
Dopo la pandemia, un numero crescente di giovani lavoratori si è stancato di non ricevere il riconoscimento e il compenso per le ore di lavoro extra. Dicono no al burnout e si concentrano invece sull’equilibrio, sempre più integrazione, tra lavoro e vita privata.
La vita viene prima del lavoro
Il termine “quiet quitting” ha preso piede di recente dopo che il TikTokker americano @zaidlepplin ha postato un video diventato virale in cui afferma che “il lavoro non è la tua vita”. Ma anche se può sembrare strano, l’intero movimento potrebbe aver avuto origine in Cina, dove l’hashtag, ora censurato, #tangping, che significa “sdraiati”, è stato usato per protestare contro la cultura dell’orario prolungato in ufficio.
I giovani, come raccontato sui loro profili social, non vedono più l’utilità di mettere il lavoro e la carriera davanti a tutto il resto. Impegnarsi così tanto non paga più, e spesso non corrisponde agli avanzamenti di carriera e di stipendio sognati. E comunque non è detto che ne valga la pena.
Un fenomeno da inquadrare
Un sondaggio svolto da YouGov nel mese di agosto su 1000 impiegati statunitensi rivela che il 56% degli intervistati non aveva mai sentito parlare di “quiet quitting”, e tra coloro che invece lo conoscevano, c’erano opinioni discordanti su che cosa volesse dire veramente: il 37% pensava che descrivesse il minimo indispensabile di lavoro da svolgere (quanto basta per non essere licenziati), il 19% riteneva che si trattasse di rifiutare attività extra senza compenso, qualcuno addirittura che significasse dare le dimissioni senza dirlo a nessuno.
Di certo qualcosa con il silenzio, quiet, c’entra: le persone non vogliono viversi il lavoro dando voce a nuove idee o suggerimenti. E questo potrebbe anche leggersi come la dimostrazione della necessità di dare vita a nuove forme di interazione sul lavoro e di coinvolgimento dei dipendenti. Secondo il report “State of the global workplace 2022” di Gallup, in Europa solo il 14% dei dipendenti è davvero coinvolto nella propria attività lavorativa.
Non tutti sono d’accordo
La career coach Pattie Ehsaei, intervistata dalla BBC, ha espresso il suo disaccordo con i video virali su TikTok, affermando che non si avrà mai successo sul lavoro con questa mentalità. “Il quiet quitting significa fare il minimo indispensabile sul lavoro e accontentarsi della mediocrità“, ha dichiarato.
Su Linkedin, per eccellenza il social della carriera, già in molti hanno condiviso dei post in cui spiegano che cosa pensano di questo nuovo fenomeno. C’è chi dice sia una moda, chi elogia la “pigrizia”, chi crede sia il momento di cambiare mentalità. Come spiega la coach Silvia Vianello, si tratta piuttosto della scelta di non dare (a tutti i costi) il massimo sul lavoro. E un ultimo riferimento è all’Italia: sta cambiando il modo in cui ci si approccia al lavoro o stiamo parlando di un fenomeno che nel Paese è sempre esistito?