Talent Shortage e professionalità digitali: sviluppare e ricercare talenti nel contesto attuale
I robot ci stanno rubando il lavoro? Nel 2007 l’Oxford Economics stimò che l’automazione avrebbe cancellato il 45% dei lavori, con un rapido declino della forza lavoro umana. In realtà, la sfida emergente nel panorama mondiale sembra andare proprio nella direzione opposta: ad oggi, 3 aziende su 4 non riescono ad acquisire sul mercato i profili ricercati, un incremento di +120% rispetto a 10 anni fa; si stima che entro il 2030 ci sarà un talent shortage di più di 85 milioni di persone (circa la popolazione della Germania) che potrà portare a circa $8,5 trilioni di entrate annuali non realizzate.
L’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano ha dedicato il secondo workshop dell’edizione 2022-2023 “Talent Shortage e professionalità digitali: sviluppare e ricercare talenti nel contesto attuale”, tenutosi lo scorso 7 febbraio, a queste tematiche. Durante la prima parte dell’evento l’Osservatorio ha condiviso con la platea di partecipanti i risultati non definitivi della ricerca sul talent shortage e professionalità digitali che sta conducendo in questi mesi; nella seconda parte si è tenuta un’attività interattiva in gruppi di lavoro con l’obiettivo di attivare la discussione e il confronto sulle principali criticità ed esigenze percepite nel mercato del lavoro e sulle possibili soluzioni.
La fotografia della situazione italiana
In Italia la panoramica sul tema evidenzia forti criticità. Nei primi nove mesi del 2022, su quasi 420 mila nuove assunzioni, 170 mila (il 40.3%) sono risultate di difficile reperimento (rispetto al 28.2% riscontrato nel 2019). In più, si prevede che tra il 2022 e il 2026 ci sarà bisogno di assumere dai 4,1 ai 4,6 milioni di specialisti, soprattutto in ambito tecnologico. Dati che fanno temere dei rallentamenti nell’implementazione del PNRR nel caso non aumentasse l’offerta di personale con queste competenze . Quali sono le cause che hanno portato all’evoluzione del fenomeno del talent shortage anche in Italia?
In primis, si evidenziano aspetti demografici e sociologici: secondo i dati ISTAT, la popolazione italiana sta invecchiando e la situazione a lungo termine risulta preoccupante, con significativi cali del PIL (si stima un calo del -30% entro il 2070). Inoltre, l’incidenza degli under 30 in Italia in termini percentuali è il valore più basso d’Europa, inferiore al 28%. Numeri allarmanti emergono anche dall’ambito dell’istruzione, dove la quota di laureati nella fascia 30-34 anni è ben inferiore alla media dell’UE (27% contro il 40%) e la percentuale di persone iscritte ai corsi ICT rispetto alla popolazione è la più bassa tra i paesi europei. In secondo luogo ci sono alcuni aspetti legati a emigrazione/immigrazione da e verso il Paese: la cosiddetta “fuga di cervelli” ha raggiunto la cifra di oltre 5,8 milioni di persone (con la presenza di italiani all’estero quasi raddoppiata dal 2006 ad oggi) e le politiche di immigrazione finalizzate ad attrarre forza lavoro dall’estero risultano ancora insufficienti. Inoltre, l’Italia registra numeri da record anche per quanto riguarda il fenomeno dei NEET (ragazzi e ragazze che non studiano né lavorano): le numeriche sono le più alte d’Europa, stimate attorno ai 3 milioni di giovani, circa il 25% tra i 15 e i 24 anni. Infine, l’approccio al mercato del lavoro delle organizzazioni è ancora guidato da logiche tradizionali e poco flessibili, mentre all’estero si sviluppano approcci più dinamici che puntano al miglioramento dell’Employer Branding e dell’attrattività nei confronti dei candidati.
Dai dati dell’Osservatorio HR Innovation Practice emergono tre sfide particolarmente rilevanti nel mercato del lavoro in Italia. Tra tutte, la principale è la riqualificazione delle competenze presenti al proprio interno (garantendo la competitività dell’organizzazione nel lungo periodo). In media le organizzazioni dovranno riqualificare/riallocare circa l’8% delle proprie persone già oggi perché le loro competenze non sono adeguate o sono a rischio obsolescenza nel breve-medio periodo. Tuttavia, solo una piccola parte delle organizzazioni è veramente consapevole delle competenze necessarie per rimanere competitive nel prossimo futuro. La seconda sfida cruciale è quella della retention e della fidelizzazione, per non perdere persone, talenti e competenze già inseriti. Una sfida non da poco, dato che circa la metà del campione percepisce difficoltà in questo senso, oggi più che in passato. Infine, a completare il podio delle sfide, la ricerca e l’attrazione di persone dotate delle competenze chiave per le organizzazioni. Anche in questo caso le difficoltà non mancano: la quasi totalità del campione ha difficoltà in questo senso e il 75% più che passato. Quali sono dunque le cause della difficoltà ad attrarre nuovi candidati? Tra le ragioni principali emergono la carenza delle competenze che si stanno ricercando nel mercato del lavoro (non solo competenze tecniche ma anche competenze “soft”) e la scarsa attrattività, del settore in cui opera l’organizzazione, dell’organizzazione stessa e della posizione ricercata. Nello specifico, i fattori per cui le organizzazioni risultano meno attrattive sono: le opportunità di carriera e crescita; i benefit e la retribuzione economica; la sede di lavoro; la flessibilità di scelta del luogo e dell’orario di lavoro.
Quattro strategie per superare il talent shortage
C’è da chiedersi a questo punto quali siano le aree all’interno dell’organizzazione dove si fa più fatica a ricercare nuovo personale. Tra tutte, quella dell’IT & Data Management rappresenta sia quella caratterizzata da un fabbisogno più elevato, sia quella in cui si fa più fatica a trovare/sviluppare personale. Le difficoltà a reperire questa tipologia di competenze sul mercato del lavoro hanno portato le organizzazioni ad aumentarne lo sviluppo interno piuttosto che il loro reperimento dall’esterno. Quali sono i profili più ricercati e di difficile reperimento? Gli esperti di Big Data & Analytics, AI, CyberSecurity & Data Protection e programmazione. In conclusione, quali strategie possono essere messe in atto per superare il talent shortage? L’Osservatorio ha analizzato le principali strategie suddividendole in 4 aree: lo sviluppo interno con percorsi di formazione ad hoc e piani di crescita e carriera sempre più trasversali e orizzontali; l’acquisizione sul mercato, cercando di ampliare il bacino target, i canali utilizzati, migliorando la propria appetibilità ed Employer Branding; l’esternalizzazione delle competenze, grazie a partnership o acquisizioni di società terze; infine, l’innovazione, trovando pratiche e sistemi innovativi per superare le barriere evidenziate, come l’automazione di alcune attività, l’offerta di nuovi pacchetti welfare per attrarre e trattenere collaboratori o il ridisegno delle attività lavorative per favorire la contaminazione delle competenze e la loro valorizzazione.
La testimonianza di A2A
Il workshop è proseguito con la testimonianza di Donatella Quattrin, Recruiting & Selection Manager di A2A, che ha illustrato alcune soluzioni implementate dall’azienda per affrontare il talent shortage. In particolare, A2A sta agendo su tre ambiti. L’azienda ha ampliato il bacino di candidati target da cui attingere, ad esempio veicolando la ricerca di candidati verso gli studenti stranieri, offrendo dei percorsi di apprendimento della lingua italiana una volta inseriti e dando la possibilità di svolgere inizialmente tutte le attività in lingua inglese. In secondo luogo, l’azienda sta lavorando su un’iniziativa di inclusione e di orientamento rivolta ai NEET per lo sviluppo dei profili dei manutentori: in collaborazione con il Consorzio Elis ha attivato dei percorsi di sviluppo per preparare i ragazzi e le ragazze all’inserimento in azienda per questa tipologia di ruoli. Infine, molta attenzione viene rivolta a programmi di reskilling. Infatti, attraverso un’analisi parte della pianificazione strategica interna della forza lavoro, A2A ha riscontrato un tasso di turnover nelle posizioni IT superiore rispetto alla media aziendale. Per affrontare questa sfida, A2A sta portando avanti un programma pilota attualmente in atto in un’azienda del gruppo (Unareti), che punta a definire e costruire le professionalità che saranno necessarie affinché l’azienda rimanga competitiva nei prossimi 5 anni.