Dal work-life balance al work-life integration: come cambia oggi il rapporto tra lavoro e vita privata
C’era una volta il work-life balance, ossia quell’equilibrio tra lavoro e vita privata che ognuno di noi inseguiva e cercava di raggiungere in tutti i modi. E che le stesse aziende, con benefit aziendali, quali la possibilità di fare smart working, gli asili nido aziendali, il maggiordomo, le convenzioni con palestre ecc… cercavano di garantire ai propri dipendenti.
Poi è arrivato il Covid, lo smart working (o remote working?) è diventato la normalità, anzi per alcuni mesi e alcuni business è stata l’unica condizione per lavorare fino a che pian piano non si è rientrati in ufficio. Anche se non con il placet di tutti i lavoratori che vorrebbero ancora “fare dei giorni in smart” e quando non è così, si guardano intorno per vedere di trovare un’azienda che possa garantire questa libertà nel portare avanti i propri compiti in base a degli obiettivi definiti.
Ci sono poi aziende che propongono ad alcuni dipendenti di modificare il proprio contratto ei “passare in full remote” così come aziende che, quando cercano nuove persone da assumere, proprio per attrarre un numero alto di talenti, propongono contratti solo in modalità smart working.
Tutto questo sommato alla diminuzione dei pendolari e all’aumento delle interazioni virtuali – chi oggi prenderebbe un aereo per un’ora di riunione? – ci porta verso un nuovo concetto: quello di work-life integration. Dove integration, integrazione, si sostituisce a equilibrio. Ma di fatto cosa significa?
Cos’è il work-life integration
Niente più equilibri ed equilibristi, l’idea è quella di integrare tutto ed evitare di considerare il lavoro e la vita privata come due piatti di una bilancia che di fatto non si incontrano mai. E che, anzi, quando uno va più in su, quindi assume più importanza, porta automaticamente l’altro ad andare giù, a essere meno considerato.
Il work-life integration prevede, invece, che una persona sia allo stesso tempo il lavoro che fa e una mamma/moglie/padre/marito/figlio, senza che questi ruoli siano distinti e men che meno contrapposti.
Volendo dare una definizione di work-life integration ci affidiamo alle parole della Haas School of Business dell’Università della California: “Il work-life integration è un approccio che crea maggiori sinergie tra tutte le aree che fanno parte della vita: lavoro, casa/famiglia, comunità, benessere personale e salute.
Un approccio, dunque, che prevede di mescolare e sincronizzare i diversi aspetti della vita per far sì che ognuno di noi non solo stia meglio e si senta più realizzato, ma soprattutto si senta appagato. Anche perché ragionare come se lavoro e vita privata fossero dei “compartimenti stagni” non funziona poi molto e non ha più senso.
Basti pensare alle nostre case: in questi 2 anni di pandemia le abbiamo sicuramente riarredate e trasformate in uffici, magari predisponendo degli angoli ad hoc che prima non c’erano e cui non avevamo mai pensato perché, di fatto, una volta entrati in casa, lasciavamo il lavoro fuori dalla porta. O se ci ritrovavamo a mandare qualche e-mail la sera o a finire una presentazione, si trattava comunque di una manciata di ore e non di tutta la giornata.
Per non dimenticare, poi, che per molti lo smartphone è oggi sempre più un mezzo sia per raggiungere gli amici che i colleghi: basti pensare all’uso smodato che si fa di WhatsApp anche per chiedere di rispettare una scadenza, fissare una riunione o per condividere un pettolezzo sul collega appena arrivato.
Il work-life integration prende dunque atto di tutto questo per creare un nuovo modo di vivere che è in continua evoluzione e che lascia a ogni persona la capacità di autodeterminarsi.
Work-life integration vs work-life balance: le differenze
Per vedere qual è la differenza tra il work-life integration e il work-life balance, ecco alcuni esempi pratici che riguardano la vita di tutti i giorni.
L’organizzazione del lavoro e l’idea di carriera ai tempi del work-life integration
Quanto abbiamo appena detto indubbiamente va a toccare due aspetti del mondo del lavoro che di solito si sviluppano in maniera verticale: la giornata in azienda e il percorso di carriera.
Se si pensa che la giornata debba essere dalle 9 alle 18 va da sé che questa integrazione tra tutti gli aspetti della vita di una persona non ci può essere perché le ore più importanti e che di solito sono contrassegnate dalla luce vengono dedicate al lavoro. In questo caso, è necessario considerare sicuramente un range orario in cui l’azienda è aperta e in cui le persone possono incontrarsi, ma allo stesso prevedere di allungarlo o anticiparlo.
Chi lo dice che non si può svolgere una riunione alle 7 del mattino o alle 7 di sera, magari dopo avere fatto sport? Alla fine è quello che la pandemia, con le interazioni digitali a tutte le ore del giorno e della notte, ci ha insegnato. Insieme al fatto che le persone sono diventate più “accountable”, ossia responsabili di quello che fanno e per cui rispondono in prima persona.
Ecco perché si potrebbe mutuare la gestione della giornata dai coworking: se è vero che a frequentarli sono essenzialmente dei liberi professionisti, perché non dare ai propri dipendenti le stesse opportunità che i freelance hanno in uno spazio condiviso? Libero accesso in diversi momenti della giornata, gestione delle proprie attività in autonomia e possibilità di prenotare le varie sale riunioni a seconda delle esigenze.
La verticalizzazione ha da sempre contrassegnato anche il concetto di carriera visto, interpretato e proposto ai dipendenti in modo ascensionale. Si crede di andare avanti solo se si “sale di grado” o si hanno diverse persone da gestire, ma non per tutti è così. Per alcune persone fare carriera non vuol dire tanto avere un aumento di stipendio o un nuovo ruolo che magari non desiderano, ma avere sempre più competenze sia hard che soft. Imparare nuove lingue, vivere esperienze diverse, apprendere nuovi concetti e poterlo fare anche a distanza può essere un modo di intendere la carriera che così diventa orizzontale. E tutto questo ovviamente ben si sposa con il work-life integration.
Come un’azienda può andare nella direzione del work-life integration?
Lo può fare in diversi modi. Eccone alcuni:
- prevedere degli incontri periodici tra HR e dipendenti per capire come questi ultimi stanno vivendo il ritorno in ufficio e come riescono oggi a gestire la loro vita personale;
- analizzare con i dipendenti varie soluzioni flessibili: poter lavorare anche il sabato o magari poter accedere all’ufficio anche negli orari serali. Possibile se per esempio si dà un badge d’ingresso, magari per accedere a un’area ben precisa dell’azienda;
- concentrarsi sulla produttività e non sulle ore lavorate chiedendo a ogni manager di impostare il lavoro per obiettivi: è importante fare questo anche quando si progetta una nuova attività sia interna sia che riguardi un cliente;
- ripensare le performance review anche in ottica del nuovo approccio del work-life integration.
I nostri sono ovviamente solo suggerimenti, sta poi a ogni azienda valutare come aiutare i propri dipendenti a vivere una vita più piena, consapevole e “integrata”.
Quel che importa è prendere atto che i cambiamenti vissuti in questi 2 anni non devono essere cancellati con un colpo di spugna, ma bisogna capire come portare avanti alcune “conquiste” per continuare a migliorare la vita delle persone. Consapevoli che, se l’emergenza Covid ha colpito tutti, non tutti l’hanno vissuta allo stesso modo e hanno avuto anche altre esigenze e problemi personali. Oltre a un diverso modo di affrontarli.